lunedì 2 giugno 2014

Fare sogni che muoiono all'alba - n. 6

Sto aspettando il pullman per andare a scuola, non sono ragazzina, ho l’età di adesso, aspetto guardandomi intorno distrattamente.

La scena si sposa e sto andando a prendere il treno.

Sono sempre io ma sdoppiata: nello stesso sogno vado a scuola in pullman e parallelamente ci vado anche in treno.

Cammino per il viale alberato che conduce alla stazione, respiro umidità e il profumo dei tigli, sta albeggiando con fatica; raggiungo l’entrata e mi avvicino al binario numero uno.

Aspetto il pullman nella piazza deserta e grigia, la luce è quella di metà mattina, è strano non vedere ancora in giro nessuno. Arriva il pullman affollato ed io salgo mostrando il tesserino, si può stare solo in piedi, il colore predominante è il verde del tubolare al quale mi aggrappo. Guardo la strada, stiamo percorrendo la sponda sinistra, che strano, penso, è più comoda la sponda destra...

Il treno arriva e nel frattempo mi raggiunge la mia amica Sabri, ci portiamo nelle prime carrozze, anche se è sempre passata una littorina, mentre questo è un treno con molte carrozze. Saliamo ma non c’è posto. Percorriamo i corridoi, il vagone fumatori non c’è. Ed io ho smesso di fumare da molto tempo. Fuori  ancora stenta a diventare chiaro.

Riconosco dal parabrezza del pullman la strada, i boschi ai lati, intravedo il fiume, non c’è colore nella natura, la strada è un nastro grigio,  curve e piccoli paesi, mi sporgo in avanti ma non riesco a vedere l'autista, fermate brusche per raccogliere altri studenti, ripartenze e dondolamenti.

Il treno non procede nella direzione giusta, me ne accorgo subito appena partiamo e mentre cerchiamo un posto, incontro mio padre, vorrei salutarlo ma non si può, siamo arrivati e bisogna scendere per cambiare treno. Mio padre, che ci fa qui? Ed era proprio lui? Mi sembrava più giovane, spero di sbagliarmi, nei sogni ci si sbaglia, nei sogni è l’angoscia del giorno che esplode, mio padre è morto e ancora è difficile accettarlo.

Il pullman va, percorre i chilometri che mi dividono dalla scuola, in salita, con fatica guadagna curva dopo curva la strada, siamo quasi arrivati.

Il treno è fermo e noi siamo scesi sulla banchina di sassi, non c’è marciapiede, è scomodo, penso tra me.  Siamo in fila indiana, aspettiamo la coincidenza, ci sporgiamo per vedere se arriva ed in lontananza una macchia scura si avvicina. Un treno scuro, cupo, che sa di fumo, di metallo, si ferma davanti a noi. Le porte si aprono e saliamo. Riparte.

Il pullman arriva e ci scarica nel piazzale della scuola. L’istituto è di un verde chiaro, anche la scalinata, l’entrata a vetri è come me la ricordavo, dentro, però, sembra un ospedale, corsie e stanze, le aule non sono attrezzate, non ci sono banchi, ci sono bandiere e piante ben curate disposte lungo i corridoi.

Il treno procede,  stiamo andando verso stazione Centrale, sono seduta in uno scompartimento con altre persone che non riesco a vedere. Il tragitto è relativamente breve. Pochi minuti e dobbiamo scendere. So che c’è Sabry con me ma non la vedo, forse perché è morta da anni. Siamo scese dal treno ma eravamo nelle ultime carrozze e abbiamo molta strada da fare per raggiungere l’uscita.

Esco nel parcheggio della scuola, il pullman se ne è andato. Tra le persone cerco visi conosciuti. Compagni di scuola. Vecchi insegnanti. Cerco Paola, vorrei vederla, vorrei vederla anche solo da lontano. Ma lei non c’è, le persone che mi circondano sono tutte sconosciute. Incomincio a camminare. Raggiungo una festa, c’è un prato enorme, persone fanno il pic-nic, bambini giocano a pallone. Gente che ride e si diverte. Stanno aspettando che inizi il concerto. Mi siedo sul bordo di una fontana e penso che potrei fermarmi lì a guardare il concerto, la posizione mi sembra ottima.

In stazione Centrale riesco a raggiungere il tabellone degli orari. Devo tornare indietro. Devo trovare un treno che mi riporti indietro. Sono in ritardo per andare la scuola. Non è spuntato il sole. Potrei ancora farcela … ma poi penso che sono già arrivata e sono seduta che aspetto l’inizio del concerto quindi non mi devo preoccupare se sono anche qui in stazione.

lunedì 26 maggio 2014

Fare sogni che muoiono all'alba - n. 5

La mia casa non ha più il giardino ma un cortile sterrato, pieno di rottami accumulati in mucchi sparsi disordinatamente. I rottami sono neri e pieni di grasso, riconosco dalle forme copertoni, molle, lamiere. L'odore è intenso, penetrante.
Mi accorgo che tra i mucchi si muovono belve feroci, ci sono leonesse magre e affamate, tigri bianche con zanne sporgenti, sono usciti dalle gabbie. Non riesco a capire come mai ci sono delle gabbie a casa mia, ho paura e mi aggiro con molta cautela tra i rottami, non voglio farmi notare dagli animali, potrebbero avere una reazione violenta, nel mentre penso a come catturarle, so che non usciranno il muro è troppo alto ed il cancello è chiuso. Ad un certo punto mi ricordo che ho un numero di telefono per questi casi estremi, chiamo e aspetto queste persone sul cancello di casa.
Arrivano a bordo di un vecchio trattore, sono sporchi e mal vestiti, uno ha in testa una bandana bianca, un altro ha una cuffia e occhialini da aviatore e indossa un lungo soprabito di pelle marrone.
Fa caldo e c'è un sole accecante. Chiedo a questi uomini di far presto a catturare le belve che girano nel mio cortile. Mi rassicurano, mi dicono che saranno rapidi.
Salgono sul trattore e fanno ampi giri sollevando molta polvere, hanno tra le mani delle corde, tentano di prendere le leonesse ma queste saltano in cima ai rottami e si difendono.
Dopo una strenua lotta, fatta di rincorse e fughe riescono con delle reti a catturare tutte le belve e a liberare il cortile. Fanno entrare leonesse e tigri nelle gabbie e vanno via.
Rimangono solo i rottami, io e i rottami.

sabato 3 maggio 2014

Fare sogni che muoiono all'alba - n. 4

Ho sognato il mare.
Il mio paesello era sul mare.
Tutti i miei compaesani passavano la giornata in spiaggia (sabbia nera), non in file ordinate ma in un carnaio bestiale, non si riusciva neppure a respirare da tanta era la calca e l’affollamento, pochi seduti gran parte in piedi, tutti rivolti con lo sguardo verso il mare mosso, agitato, con grandi onde. Tantissimi erano anche in acqua, anche perché la capienza sulla spiaggia era al limite, e se ne stavano fermi nell’acqua, saltando solo quando arrivava l’onda.
Un sole accecante definiva la scena.

Non so perché ma ad un certo punto ho sentito freddo e mi sono ritrovata su una nave, vecchia e malandata, una carretta, con addosso un cappotto di pelo lungo, io e altre persone, tra cui uno che si definiva il sindaco ma che non avevo mai visto.
La nave ad andatura sostenuta e con un vento fortissimo e gelido, doveva raggiungere uno scoglio, che faceva sempre parte del paese, parecchio distante dalla riva. Scoglio piccolissimo che abbiamo raggiungo dopo ore di navigazione piuttosto tribolata. A questo punto la nave ci ha girato intorno per cercare il miglior punto di attracco. Da una parte la roccia era digradante e il sindaco ha deciso che quello era il posto migliore. In condizioni precarie siamo sbarcati numerosi ma non ricordo i volti dei miei compagni d’avventura. Sullo scoglio vivevano dei disperati in condizioni disumane: giacigli sotto tende posticce, vestiti logori e stracciati. In fila indiana, facendo attenzione a non scivolare nel mare, ci siamo incamminati e con mia grande sorpresa in mezzo lo scoglio si apriva in un piccolo sentiero e a destra e a sinistra un roseto, raccoglievo, passando, pezzetti di ramo e ne guardavo le spine incredula che in un posto così infame crescessero delle rose. Con le mani piene di pezzetti di ramo sono risalita sulla carretta che ha ripreso ondeggiando paurosamente il largo, lo scoglio dalla nave era piccolissimo, e io ancora pensavo che era incredibile l’averci trovato delle piante di rose.

giovedì 20 marzo 2014

Le donne non sanno baciare - Denise

Denny ha un anno meno di me, vive verso la metropoli e lavora in un'agenzia che ha come cliente un noto fotografo americano. Scrive per passione, ha pubblicato un libro che io ho comprato (da fessa come sempre) su amazon.
Gentile, educata, intelligente, ironica, spiritosa... ci si frequenta da due mese quando domenica:

Denny - sono confusa e incasinata!
Shelt - pensavo confusa e felice...
Denny - è tutto un casino!
Shelt - ti è tornata l'emicrania?
Denny - mi ha ricontattata quella tipa di cui ti avevo parlato quando ci siamo conosciute. Ricordiiiii?
(ho sempre problemi a ricordare pre-informazioni, dovrei essere più accorta, ma il mio cervello non riesce a contenere più di un certo quantitativo di minchiate, già le mie sono tante se poi devo immagazzinare anche quelle delle altre, esplodo).
Shelt - vagamente ...
Denny - ricordi, quella che mi ha snobbata a lungo ...
Shelt (sforzandomi non poco) - sarà mica quella che aveva 25 anni più di te ...?
Denny - quindici, per la precisione, una donna molto fine...
Shelt (raggruppando le informazioni) - quella che all'appuntamento è arrivata accompagnata dal marito?
Denny - sì, perché non ha la patente e qualcuno la doveva portare...
Shelt - certo, l'ha portata, si è presentato e ha proposto subito una cosa a tre, anche lui fine con la prostata...
Denny - poi ci ha lasciato sole, per conoscerci meglio.
Shelt - non è quella che ti ha trattata malissimo?
Denny - mi ha trattato male, mi ha ignorata ed io non l'ho più cercata, ora invece è diventata gentile e carina ... mah!
Shelt - quindi ?
Denny - sono arrabbiata con me stessa perché, nonostante come mi abbia fatto sentire allora, basta che apra bocca e le gambe mi diventano molli... non sarei onesta se non ti dicessi che quell'effetto lì me lo fa solo lei. E pure se la ignoro, comunque entra nei miei pensieri.
Shelt - mi stai dicendo che quella sessantenne ti piace più di me?
Denny - Ecco, sono così confusa e incasinata !
Shelt - io no, ho le idee chiare, puoi andare alla casa di riposo con quella e ti mando anche il tuo libro che è una merda.


Appunti per il futuro:
Astenersi dal conoscere donne con velleità letterarie.


lunedì 6 gennaio 2014

Testamento - Breve riassunto dell'anno passato.

E' stato un anno di merda ... e si potrebbe concludere qui, ma per dovere di cronaca e per meglio flagellarmi, voglio entrare nel dettaglio.

Lavoro: il mio posto di lavoro vacilla, hanno distrutto un'azienda che funzionava, che mi ha sempre pagato puntuale lo stipendio. Ciò che è rimasto è qualcosa di indescrivibile, si vive in mezzo alla confusione e con la sensazione costante che la catastrofe sia vicina. Per il futuro sarà sempre peggio.

Salute: a casa mia sono tutti malati. C'è vasta scelta: malati mentali (gravi) bisognosi di assistenza, malati anziani bisognosi di assistenza continua, malati meno anziani che hanno bisogno di assistenza. Hanno tutti bisogno di cure e disponibilità totale del mio tempo. Per il futuro sarà molto peggio.

Amore: il mio amore si è esaurito.

Sesso: ho fatto sesso con alcune donne.

Amicizie: Paola mi ha mandato gli auguri per Natale. Da molto non le scrivo e non le mando messaggi, vorrei non aver mai riaperto l'amicizia, una delle cose peggiori che abbia mai fatto.

Cose belle ma tristi: Lei mi ha scritto ben due sms in cui mi diceva che ero stata la cosa più bella di tutto l'anno andato. Nel leggere mi sono sentita come mi avessero rovesciato un intero camion di pietre addosso.

Cose di cui non sono capace: fare belle fotografie, anche quest'anno ho tentato e ritentato di usare la mia attrezzatura con criterio e fare foto accettabili ma mi devo arrendere all'evidenza neanche qui riesco!
 
Film: alcuni.

Libri: dopo un anno, il 27 dicembre, ho ripreso a leggere, sono riuscita a finire un libro in pochi giorni. Forse mi sto sbloccando. Unica nota positiva di quest'anno andato, finito, concluso.



Questo anno nuovo sarà peggio.




domenica 10 novembre 2013

Le donne non sanno baciare - Miriam

La neve

La prima neve fine e impalpabile cadeva quando ho conosciuto Miriam.
Mi è venuta a prendere al parcheggio nella periferia della città e guardando la mia auto la prima cosa che  ha detto è stato:
- hai una macchina da lesbica.
L’ho guardata e sono salita sulla sua normalissima e anonima, station wagon, grigia metallizzata.
Mi ha portata a spasso per i viali alberati spogli, poi a prendere un caffè e infine a casa sua.
Credo che il palazzo si trovi dietro il cavalcavia, ma non sono sicura, il giro in auto per la città mi ha fatto perdere l’orientamento.
L’appartamento è luminoso, ho notato che ogni parete è colorata in modo diverso e che la padrona di casa ha una spiccata passione per il fai-da-te.
Miriam ha la mia stessa età, ci dividono solo alcuni giorni, l’ho incontrata proprio per questo motivo, prediligo le donne mie coetanee, di corporatura magra, meglio se bionde o castane e non troppo alte.
Lei ha occhi chiari, capelli neri lunghi, seno ben proporzionato, è alta come me, sorride e gesticola spesso, indossa una maglia nera da cui spunta una spallina del reggiseno, su un paio di jeans attillati.
Mi guardo intorno e nell’appartamento non ci sono libri, i pochi dvd sono di film orrendi, due ripiani del mobile della sala sono occupati da LP, tutti di musica latino americana.
Incomincio a preoccuparmi, spero di non dover affrontare una conversazione troppo lunga, sarei in difficoltà nel trovare un argomento comune ad entrambe.
Shelt – Hai una passione sfrenata per la musica latino americana.
Miriam – Con mio marito avevo una scuola di ballo…
Mi siedo sul divano spostando i tanti cuscini colorati, quanto a colore in questa casa si abbonda.
Shelt – E … ?  Come continua la storia? C’è sempre un seguito.
Miriam – … E ho incontrato una donna che mi ha fatto perdere la testa. Ho lasciato mio marito. Ho avuto alcune frequentazioni al femminile. Ora sto con Nadia che ha dieci anni più di me ed è la persona che ha dato stabilità alla mia vita.
Shelt – Se la tua vita è stabile cosa ci faccio qui?
Lei si avvicina, si sfila la maglia e in un attimo è su di me
Miriam – Mi voglio prendere una pausa dalla stabilità…
In quanto a ‘velocità’ non potevo sperare di più…
ed è così bello quanto una donna si avvicina e all’improvviso ti bacia, senti la sua lingua scivolare e puoi accarezzare la sua pelle morbida, non c’è paradiso meglio di questo.
Temporaneo paradiso poi tutto si scioglie come neve.


Appunti per il futuro:
controllare il meteo prima di prendere appuntamenti a distanza.

mercoledì 6 novembre 2013

Le donne non sanno baciare - Doriana

Una questione di fianchi

Trama del film Gloria (Cile 2013 - Regia Sebastian Lelio - Protagonista femminile Pauline Garcia)
Divorziata da anni con due figli adulti, Gloria ha 58 anni e si sente ancora giovane. Cerca di affrontare la sua solitudine colmandola con notti trascorse nelle sale da ballo, per adulti single, in cerca d'amore. Si imbatte in Rodolfo che sembra essere l'occasione tanto sospirata invece si rivelerà un'ulteriore illusione ma ciò non le farà perdere la voglia di ritrovare dentro di sé la forza per andare avanti.

Nei giorni scorsi sono stata impegnata in uno scambio di messaggi con una gentile ragazza (conosciuta tramite un sito di porci scatenati), di 36 anni, 1.70x60 kg, mora, capello corto, carina. Per non perdere tempo ci siamo subito chiarite sulle aspettative di una eventuale conoscenza e lei, con mia grande sorpresa, mi ha proposto un incontro sessuale, (manco il caffè, tanto per capirci sulla velocità della proposta...) Le ho lasciato ampio gioco e le sono andata dietro, su questo scambio che diventava sempre più hot, sempre più hard, sempre più...tosto e lei sempre più decisa.
L'appuntamento è stato concordato nel mercoledì pomeriggio della scorsa settimana, mi sono presa mezza giornata di ferie e ho ingranato la marcia per raggiungere il più velocemente possibile il capoluogo di provincia, ho superato camion, gente che con il mercedes andava pianissimo, ho tirato il collo alla mia auto e ho battuto la media perché in quaranta minuti scarsi son giunta a destinazione. Ci siamo trovate nella piazza del paesino vicino alla svincolo autostradale, lei è scesa dall'auto e mi sono trovata davanti una ragazza carina, magrina con i fianchi pronunciati, nell'insieme esattamente quello che si presentava in foto. Peccato che già dalle prime battute la baldanza era del tutto sparita. Le ho proposto un caffè, per rompere il ghiaccio, nel bar dall'altro lato della piazza, un posto veramente brutto, alla fine siamo ritornate alla macchine e lei mi racconta che già dalla mattina è cambiata...

(credo che prima o poi mi metterò a scrivere un capitolo sui 'cambiamenti' dell'universo femminile. Universo di cui anch'io faccio parte e che della instabilità, latitanza, lunaticità, indecisione ne ha piene le ovaie).

... comunque già dal mattino è cambiata, nel senso che ha cambiato idea, solo che era scortese tirarsi indietro all'ultimo quindi si è presentata lo stesso all'appuntamento, ma non si sente di far altro che rimanere lì muta ed immobile, al centro di un parcheggio, di una piazza, di un paesino in culo alla bassa.
Le dico bene, in fondo ho un'età che mi consente di decidere per entrambe, si va a mangiare.
Ho trascorso alcune ore con lei, mi ha raccontato che è lesbica, single senza figli, esce da una storia di 4 anni con una donna di una decina di anni più vecchia separata con una figlia. La storia è finita perché questa donna teme che la gente possa scoprire la lesbo relazione e non potrebbe sopportarlo.
Doriana, così si chiama la gentile fanciulla del mio appuntamento, ha incassato il momento di terrore della ex-compagna e da qualche mese cerca, attraverso siti, un incontro per solo divertimento, peccato che arrivata al dunque (con me) si accorge di non essere ancora pronta, sente di tradire la ex (di cui è ancora innamorata), sente che è troppo presto, sente che avrebbe voglia di sesso ma tra parlare e fare ci passa il mare, sente che si sente sola e non vorrebbe esserlo.

Così le ho raccontato la trama del film che ho visto, "Gloria", le ho detto che è un film sulla solitudine, che Gloria è sola, tutti in definitiva siamo soli e che ci dobbiamo attrezzare per convivere con la solitudine e magari superarla e proiettarci in avanti verso un futuro che potrebbe ancora stupire.

Appunti per il futuro:
Evitare le ragazze dai fianchi pronunciati e dalla grande verve.

domenica 6 ottobre 2013

Le donne non sanno baciare - Eliana da Genova


Sabato sera, nella buia provincia del nord ovest, nella mia sala preferita offrivano due film e la mia scelta è caduta su 'Il mondo di Arthur Newman'.  Film brutto, di un brutto stratosferico, mal riuscito e slegato. In alcuni momenti mi sono persa. Non credevo si potesse girare qualcosa di così orrendo, c’è un po’ di 'Il fu Mattia Pascal'  e qualcosa, forse, di 'Ferro 3', ma il tutto è molto confuso.

Non me ne rammarico, in fondo, non leggendo mai una trama, una recensione, un commento mi può capitare (spesso) di vedere schifezze. Io non sono una 'cinefila', dimentico immancabilmente titoli, registi e non riconosco attori e attrici, ma non me ne sono mai fatta un problema.

Devo, però. salvare, di tutto questo film orribile, la schiena nuda e il posteriore di Emily Blunt... unici fotogrammi guardabili.

Una schiena come piace a me: femminile.
Devo infatti ricordare che le avventure che mi sono concessa con 'maschiette' sono state fallimentari.
Una in particolare, tale Eliana, arrivava da Genova (credo direttamente dal porto), capello rasato, tatuaggi sparsi su muscoli scolpiti, canotta da muratore bianca, ma la cosa eccezionale è che diceva di poter avere multi-orgasmi mentali. Un tipo così non poteva sfuggire alla mia curiosità e dopo varie conversazioni su come fosse il 'mentale' e il 'multi', mi son ritrovata a letto con una spiritata fuori di testa, purtroppo non potevo scappare dato che eravamo nella casa che mi avevano prestato. Con pazienza ho atteso che ritornasse in sé per poi metterla alla porta con tanti ringraziamenti per l'ampia e assurda dimostrazione.


Appunti per il futuro:
non fanno per me le multiplex e le multiorgasm.

sabato 5 ottobre 2013

Le donne non sanno baciare - La biologa 2

Il malleolo spezzato

Deve essere un periodo di fratture.

Giusy, la biologa, si è rotta il malleolo a Venezia. Mi ha spiegato che scendendo da una tomba non ha visto tre gradini ed è rovinosamente caduta lunga e tirata. A luglio si era così tanto dilungata nella descrizione del suo viaggio a Venezia, con marito e figlioletti, per visitare la Biennale, nutrimento per la sua anima artistica e per la sua mente superiore (non come me insensibile e ignorante). Mentre mi baciava mi raccontava il percorso, studiato nei minimi particolari, per non perdere nessuna delle meraviglie.

L'aspetto eclatante della vicenda è che lei, biologa di grido, dirigente del centro analisi dell'ospedale del capoluogo, non si è recata subito al pronto soccorso... ma vuoi perderti l'occasione di essere a Venezia, di nutrirti di cultura, anzi Cultura (con la c maiuscola come dice lei)? Assolutamente no e con il malleolo sp(i)ezzato si è fatta calli e campielli.
Tornata, meglio trasportata di peso, a casa si è decisa ad andare in ospedale dove l'hanno ingessata ... peccato non le abbiano anche passato le labbra con il gesso.

Ora, ascoltando la disgraziata vicenda rido ma c'è ben poco da ridere dato che ci sono solo io a farmi viva e a chiedere come sta, nessuna dei suoi grandi amori eruditi e acculturati si è fatto sentire.

giovedì 3 ottobre 2013

Le donne non sanno baciare - Anna

Un pomeriggio di luglio

Ho conosciuto Anna attraverso un normale forum, il link mi era stato suggerito da una ragazza lesbica di Torino, mi aveva assicurato che era un "sito pieno di bisecs!", il successo era assicurato, secondo la torinese. Comunque Anna ha risposto ad un mio post scrivendo che abitava in zona, era sposata e le avrebbe fatto piacere approfondire la conoscenza. Ci siamo scritte per diversi mesi, la sua condizione non le permetteva, e non le permette ad oggi, grosse possibilità di incontro, devo ammettere che dopo un po' mi sono anche scocciata e mi ero decisa a lasciar perdere. Non c'è niente di più svilente di una donna che continua a rimandare, prima per il marito, poi per i figli, poi per la nonna ... poi per troppi altri impegni. Le rispondevo per pura cortesia, o forse perché mi piaceva farlo o per abitudine,  fino quando, dopo ben otto mesi di questa tiritera, improvvisamente, mi ha fissato un incontro.

 
Ho raggiunto casa sua al lago, un pomeriggio assolatissimo di luglio. Un caldo allucinante ed io ad aspettare che mi raggiungesse nel parcheggio. Dopo venti minuti di attesa le ho mandato un messaggio con scritto che se tardava ancora mi avrebbe trovata brasata ed è raro che io sudi ...
E' arrivata in canotta nera e mi ha portato a casa, nella zona collinare della cittadina, all'orizzonte il lago blu. Ha un appartamento ben ordinato con una cucina enorme, piena di oggetti. Si sentiva il rumore della tenda che si gonfiava come una vela al vento... Mi sono seduta sul divano, lei su una sedia distante, mi ha raccontato la sua vita, non semplice, ma nessuna lo è.
Un mollettone le tratteneva i capelli, sul polso destro una bracciale di cuoio, al collo un ciondolo azzurro screziato di bianco: è a forma di losanga, con un'apertura in mezzo.


I racconti terminano e io le chiedo se me ne devo andare, lei risponde di no e che non sa bene come "funzionano queste cose".

Son cose che cominciano con un bacio maldestro e lei che si spoglia.
Le chiedo di non farlo, di fermarsi che lo avrei fatto io, una delle cose più belle ed eccitanti è  spogliare una donna, conoscerla lentamente, lasciarsi respirare per prendere confidenza, è il primo incontro, c'è bisogno di tempo, nessuna fretta.



Appunti per il futuro:
Ricordarsi i suoi baci

lunedì 9 settembre 2013

Fare sogni che muoiono all'alba - n. 3

Ho sognato
... una cena con un'amica che non vedo da quattro anni (pur vivendo nello stesso paese).
Era estate, caldo, ho prenotato in un locale con piscina, ampia veranda e parte dei tavoli all'interno. Ristorante molto trendy. Avevamo un tavolo in veranda, apparecchiato con delle tovagliette colorate all'americana, intorno a me camerieri e cameriere vestite di lino bianco con fascia rossa in vita portavano piatti colmi di prelibatezze agli altri clienti. Dopo averci fatte accomodare ci hanno portato i menù composti da svariate pagine, io ho optato per una fiorentina ben cotta con ogni verdura disponibile. Non seguivo il discorso della mia amica, che stava raccontando qualcosa nell'attesa della nostra ordinazione, perchè ero incuriosita dalle enormi porzioni coloratissime che continuavano ad essere consegnate agli altri commensali. Poi, non so perchè, la mia amica è finita sotto a un tavolo porta-vivande e a me non hanno mai portato la fiorentina ben cotta.

Ho sognato
... l
a mia casa era posizionata in cima ad una collina, aveva un parco curatissimo, un patio favoloso, una vista stupenda, una cancellata in ferro battuto a mano eccezionale. Nel mentre giravo incredula ad assaporare la bellezza della mia casa, dalle stanze luminosissime, suonano il campanello, dal videocitofono, biticino ultimo modello, vedo molte persone, apro il cancello (in ferro battuto a mano) automatizzato. Si presenta come rappresentante del gruppo di persone, una giovane signora bionda, abbastanza magra, extracomunitaria, direi ucraina, che molto arrabbiata dichiara che la mia casa... meglio definirla a questo punto "meravigliosa villa"... ecco, dichiara che la mia meravigliosa villa inquina le case sottostanti e bisogna abbatterla.

Ho sognato
... che la mia camera da letto era diventata una palestra. Un mucchio di gente che entrava ed usciva ed io mi lamentavo dal letto che non era una palestra ma una stanza in una casa privata, urlavo scocciata di chiudere la porta e di andare via. Sciò!
Invece questi in braghette e maglietta correvano in tondo su un pavimento di gomma ed io che chiedevo dove fossero finiti i miei listoni di legno... basita cercavo di uscire dalla stanza, che non era stanza ma smisurata palestra, e, con enorme fatica arrivavo alla porta tagliafuoco con il maniglione antipanico ma non riuscivo ad aprirla.

giovedì 15 agosto 2013

Le donne non sanno baciare - Laura

Memorie primaverili
La conoscenza con Laura si preannunciava molto interessante.
Fisicamente niente male: occhi azzurri, capelli biondi, una terza perfetta di seno, gambe toniche, trentanove anni. L’incredibile è stato scoprire che abitiamo nello stesso paese a poca distanza. Sposata con una bambina, aveva proposto un incontro prendendo lei tutta l’iniziativa. Naturalmente non mi faccio pregare, in special modo se la donna mi piace.

Laura – ti va domani?
Shelt – domani è martedì, non ho problemi, ti passo a prendere a casa?
Laura – sì, ti aspetto.
Così un martedì sul finire della primavera l’ho aspettata sotto casa.
E’ scesa con il suo sorriso migliore, una gonna leggera, maglietta aderente, i capelli sciolti…
Mi ha dato un bacio, dicendo “eccomi…” 

Lentamente ho percorso la strada e i tornanti, ridendo e chiacchierando con lei, ed ad un certo punto è apparso il lago. Mi fa sempre un certo effetto, quando dopo la curva lo scorgo all’improvviso, è come incontrare gli occhi dell’amico di sempre e buttarsi dentro, affondare nel blu scuro calmo, sentirne l’odore, ascoltarne il rumore, un posto incantato.

Parcheggio e ci incamminiamo. 
Laura mi tira per la camicia, con il sole che le batte sui capelli sembra che abbia un’aureola, glielo dico e lei ride.
Laura – Cammini troppo piano…
Shelt – Siamo venute a fare una corsa? C’è un lago spettacolare … guarda…
Lo indico con la mano, lei ha il sole negli occhi e si aggrappa al mio braccio.
Laura – Lo guardiamo dopo… dopo…
Sorride.
Mi tira, ancora, per la camicia e avvicina le sue labbra al mio orecchio, mi dice: "andiamo..."

Si appoggia allo stipite della porta, la apre ed entra.
Siamo arrivate e quasi mi spiace lasciare fuori quel blu … del cielo, del lago … quel blu avvolgente.


Appunti per il futuro:
trovare il tempo per una giornata in solitudine al lago

venerdì 2 novembre 2012

Le donne non sanno baciare - Paola

Cronaca di un disamore
Allora, questa sera, si parlava di dichiarazioni, dell'innamoramento e dell'amore. Tu mi domandavi: "Se hai la certezza di non essere corrisposti, perché mai dichiararsi? In fondo è un farsi del male" E' vero, il dolore per un amore non corrisposto è enorme e rende pazzi. Sono una persona che non si innamora tanto facilmente. Un sentimento così intenso l'ho provato solo nel periodo tra l'adolescenza e la giovinezza, forse perché era puro e non contaminato da logiche di interesse o forse perché era il periodo in cui non avevo ali ma potevo volare ugualmente.

Ho conosciuto Paola il primo anno delle superiori. Era seduta nel banco davanti al mio. Il primo giorno di scuola si è voltata verso di me e mi ha detto "piacere, mi chiamo Paola". L'ultimo sole di settembre invadeva l'aula e faceva caldo ...

Trovo incredibile come certe sensazioni provate in un attimo lontano della propria vita siano indelebili, indimenticabili e riaffiorino alla mente nel corso degli anni quando meno te l'aspetti forse per un confronto con il sentimento corrente che, in comparazione, ne esce sempre meno intenso di quello lontano ...Naturalmente lei non poteva interessarsi a me per ovvie ragioni che avevo analizzato, quindi sapevo benissimo a quale delusione andavo incontro ... ma ... c'è un ma, io pensavo a lei sempre, era diventata un'ossessione, così ho deciso di parlarle, le ho detto che l'amavo e che il giorno mi sembrava bello solo se c'era lei vicino a me. Una dichiarazione fatta con addosso i miei pochi anni, niente da offrire, nessun futuro, nessun passato, solo la mia persona davanti a lei indifesa. Non avevo corazze in quel momento ed è stato devastante. Come nei più grandi romanzi pensavo che non avrei superato la situazione, per vergogna volevo morire, immaginavo i suicidi più assurdi per porre fine alla mia sofferenza. Poi con molta lentezza è passato lasciando solo le sensazioni più belle, il suo odore, il calore del suo corpo quelle poche volte che l'ho abbracciata e tenuta stretta.

La vita non è rischio calcolato molto spesso è una serie di imprevisti a cui bisogna far fronte senza preparazione.
Ho rincorso Paola per cinque anni. Avrei fatto di tutto per lei. A lei non è mai interessato.
Si è sempre tesi verso persone interessanti e carismatiche. Il resto dell'umanità, chi non ha niente e non è niente, viene tollerato con un senso di fastidio. 

In questi anni ne ho seguito il percorso di vita: matrimonio, lavoro, figli, separazione. L'ho vista negli anni qualche volta, da lontano. I saluti non sono mai stati indispensabili. Ma c'era in me la voglia di poterle parlare. C'era la mia esigenza di comunicare con lei.  In verità, cresceva il desiderio di riprovare quella sensazione, ripercorrerla nelle viscere, quell'emozione che sopravvive al tempo e alla distanza.
Ho digitato il suo nome in facebook, il rigattiere delle amicizie, e lei si è materializzata davanti. Le ho scritto con un nickname, lei ha risposto, credendo di avere a che fare con un uomo.

La solitudine è un vuoto da riempire, anche solo di parole.
Dopo un anno di corrispondenza le dico chi sono. Non si arrabbia, anzi mi vuole incontrare. Ci vediamo e ci sentiamo in continuazione al telefono, lei sta attraversando un brutto periodo con il nuovo compagno e ha grossi problemi con i figli. Le sto vicino per come mi è possibile, non le do consigli, la faccio solo ragionare su particolari che a me sembrano importanti e che a lei sfuggono. L'evoluzione della situazione è positiva, le cose migliorano, mi ringrazia, a quanto pare la mia amicizia è servita, le sono stata utile e la cosa mi fa piacere...
anche se ... durante i nostri dialoghi, che, in realtà, erano i suoi monologhi, mi sono accorta che ha paura di rimanere sola e sta cercando a tutti i costi di "ricollocarsi" con un "qualsiasi uomo".
Anche se in certi momenti il suo modo di esprimersi mi irrita, la trovo molto superficiale e mi infastidisce che indichi il suo compagno usando aggettivi dispregiativi.
Anche se scopro, casualmente, che mi usa come scusa per uscire a cena con "non so chi".
Anche se mi incontra nei (cronometrati) ritagli di tempo.
Anche se mi messaggia (le lunghe telefonate sono una pratica lontana) che compra casa con il compagno (quello che insulta in continuazione) dopo un mese dall'aver ottenuto il divorzio.
Anche se muore mio padre e lei non può farmi le condoglianze di persona dato che il santo rosario cade proprio nell'ora dell'aperitivo festivo e il funerale nell'orario lavorativo.
Anche se dopo poco viene ricoverato il suo, di padre, e mi manda un sms allarmata augurandosi che non capiti la stessa cosa che è capitata al mio ...

Sorvolo sul resto e torno alla domanda iniziale:
"Se hai la certezza di non essere corrisposti, perché mai dichiararsi? In fondo è un farsi del male".
Si, è vero ma ci vuole tempo per comprenderlo.

Laggiù c'è una fontana che è piena di monete,
le ho buttate io
tutte le notti che non tornavi.
Quelle te le porterò a vedere.
Non le stelle che sono cadute, non
Le candele che ho acceso nelle chiese,
non i versi delle preghiere, non
le lacrime che ho pianto,
non le parole degli amici, non
le notti che ho passato sveglio
ad aspettarti.
Solo le monete ti farò vedere.

Sotto l'acqua che scorre,
quando ritornerai,
quelle te le farò vedere

giovedì 11 ottobre 2012

Le donne non sanno baciare - Lory

The LWord

E' una serata lenta, se non fosse per la ragazza che mi sta vicino al bancone del bar. Ha molti anni meno di me, mi aggancia con una battuta sul tempo, ascoltiamo la musica del locale, riconosco "Unfinished sympathy", le dico che mi piace, risponde che non è il suo genere, preferisce la Pausini, ha già i biglietti per un suo concerto, poltronissima mi specifica. Penso che non abbiamo assolutamente gli stessi gusti musicali e trovare un argomento per continuare la conversazione mi appare difficile. Ha un bel sorriso, con un diastema tra gli incisivi che lo rende accattivante, mi ricorda un'attrice di C.I.S., Sara. Glielo dico e lei si mette a ridere, la definisce vecchiotta, in effetti non ha tutti i torti, peccato che abbia la mia stessa età... Si imbarazza e mi offre da bere per scusarsi. Mi dice che non ama il genere "poliziesco", la sua serie televisiva preferita era The L Word, non ha perso un episodio.
Avevo sentito parlare di The L Word ma non mi ero mai interessata fino a quando una mia ex-frequentazione mi ha regalato dieci cd con tutta la serie completa, quindi sono stata costretta a colmare la mia lacuna e farmi una cultura dell'accoppiata Ti-bette. 
Le dico che alcune" trovate" della sceneggiatrice Chaiken mi hanno lasciato molto perplessa, a tutti gli effetti va pazza per i personaggi inutili, i vestiti pink, i finali thriller e il tralasciare, naturalmente, tutto quello che di buono poteva essere approfondito. Lei mi fa notare che è una delle poche serie televisive in cui l'ambientazione è tutta al femminile. Ha ragione ma si poteva sfruttare meglio l'occasione...
Fa caldo e decidiamo di uscire, passeggiamo per la strada deserta. Ma continuiamo a parlare e a ridere per le scene divertenti e senza senso del telefilm e di tutti gli innumerevoli tradimenti.
Mi chiede qual è la scena che preferisco. In verità non ho scene preferite, anzi ho trovato noiosa tutta la storia, mal gestita e mal girata, ma come mi capita spesso mi ritrovo a riflettere su pochi frammenti di pellicola, in questo caso per le battute iniziali di un dialogo tra le due protagoniste principali, quando Tina chiede di entrare e Bette sta cucinando, la frase originale dovrebbe essere "can I come here" - Posso entrare? Poche battute che sembrano essere solo il collegamento tra una scena e l'altra invece non si tratta solo di quello. Quando Tina chiede di entrare, chiede il permesso di entrare non in una cucina ma in una vita: "Sono venuta prima... per entrare nella tua vita... spero che non ti dispiaccia", il senso è semplicemente questo. E pensandoci bene devo ammettere che a me una cosa così, espressa con tanto garbo, non l'hanno chiesta mai, ma proprio mai.
Mi ascolta con attenzione e poi tocca a lei a raccontare.
Siamo arrivate davanti alla porta di casa cerca le chiavi nella borsa.
Con aria birichina mi specifica serie (sesta) e titolo dell'episodio, "litmus test", ed è la scena tra Dylan e Helena... indimenticabile scena ... e mi invita ad entrare ...

Appunti per il futuro:
concentrarsi su film intelligenti.

lunedì 8 ottobre 2012

Fare sogni che muoiono all'alba n. 2

Marzalesco

Sto tornando da un viaggio molto lungo. Sono accompagnata da un caro amico ben definito che porta il colbacco di nome Luca. Prima di tornare al paese decidiamo una sosta in un piccolo paesino, che porta il nome di Marzalesco, a precipizio sul lago. Un gran bel posto.Solo che fa molto freddo per esser fine agosto. L’albergo in cui prendiamo alloggio ha un pontile dal quale si tuffano nel lago gruppi di bambini vocianti e anche qualche adulto. Noi due stiamo imbacuccati a prendere quel poco sole che esce dalle nuvole. Il mio amico sostiene che quelli che si buttano in acqua sono tedeschi: "loro sono abituati a temperature quasi polari …". A me interessa visitare Marzalesco, così ci incamminiamo e percorriamo stradine che sembrano carruggi, scalini che ci portano a salire in alto, racchiusi da casa in pietra e piccoli archi il tutto di un giallo impressionante. Mentre girovaghiamo senza meta esce una signora anziana, curva, sta scopando l’uscio della sua casa. La saluto e lei gentile mi risponde, ne approfitto per farle alcune domande sul centro storico: "prima era più bello, ora un pezzo alla volta se lo sta mangiando tutto …"
"chi e cosa si sta mangiando?"
"La chiesa, si sta mangiando il paese, un pezzo alla volta, se ne prende un pezzo alla volta, lo ingoia… ci ingoierà tutti …"
il mio amico con una risata "signora, lei ha proprio ragione sti preti son maledetti". Propongo alla signora di accompagnarci fino in cima, sono curiosa di vedere la chiesa mangiatrice di case. Tutti e tre, con una lentezza esasperante, ci mettiamo in cammino verso la cima e quasi arrivati la donna ci mostra i "segni". Il mio amico non riesce a vedere nulla, neppure a me sembra di riconoscere qualcosa. Ma sta vecchietta indica i ‘cambi’ di colore tra una pietra e l’altra, dove finisce la casa e incomincia il muro della chiesa:" prima qui c’erano altre case … ma lei se l’è ingoiate tutte e anche queste tra poco saranno sue…"
Per raggiungere la chiesa bisogna percorrere una stradina, quasi un sentiero, con ai lati un bosco di alberi spogli che con i rami pungono una fittissima nebbia, un clima da non credere per essere ancora estate. La percorriamo tutta fino ad arrivare all’ingresso, uno scalone ci attende, sono novecentonovantanove gradini scavati nella roccia, a destra e a sinistra si notano archi, ampie nicchie e tombe con adagiati scheletri di monaci. Io e il mio amico troviamo molto macabro tutto ciò, la signora, intanto, ci distanzia un bel po’ dato che stiamo perdendo tempo a guardarci intorno. Lo scalone finisce con una portone, sullo stipite sono stati scolpiti i segni zodiacali. A me pare un assurdo che in un luogo di preghiera si siano i gemelli, lo scorpione, cancro e capricorno … e donne che si strappano i capelli, che allattano serpenti, tritoni, leoni con teste e code di drago … ma sono fatti così bene da prender quasi vita e staccarsi dalla pietra se non fosse per il mio amico impaziente di aprire il portone di legno che quasi mi spinge via. E finalmente riusciamo ad entrare in chiesa, una chiesa piccolissima, che uno si chiede: come fa da fuori esser così grande e dentro tanto piccolina … Le donne pregano nei banchi di legno, che sembrano quelli del mio paesello. Sull’altare, vestita di bianco con tanto di ‘mitra’ sta una donna che non è donna, è tanto brutta da sembrare uomo. Capelli neri escono dal copricapo e scendono sulla veste bianchissima e luminosa. È tutta indaffarata corre dall’altare ad un tavolo e dal tavolo all’altare. "che sta facendo ?" chiede il mio amico "dice messa" gli rispondo … lo immagino dai gesti anche se armeggia con coltelli e in ogni movimento si porta dietro il pastorale … dopo aver seguito una procedura a me totalmente sconosciuta, la donna sull’altare si ferma e a quel punto uno scossone fa tremare il pavimento della chiesa tanto da cadere a terra. Solo io e il mio amico siamo terrorizzati, le donne continuano a pregare come se niente fosse. Io ho proprio l’impressione di slittare indietro di almeno cento metri. Ed è un’impressione confermata dalla donna che ci accompagna e che ci dice: " se n’è presa un’altra … si è mangiata un altro pezzo di casa…".
"ma ste donne che fanno? Perché non corrono via? Non hanno paura?".
"stanno pregando per essere liberate. La loro casa è già stata ingoiata e anche loro insieme. Devono rimanere qui non possono andare via…".
Mi prende un grande desiderio di scappare già mi vedo aprire il pesante portone e correr giù di corsa i gradini dello scalone lasciandomi tutto alle spalle. Ma il mio amico non se ne vuole andare, anzi è attratto dai gesti della megera all’altare. Quella strega prende un coltello e taglia la testa ad un merlo … e ancora una scossa, la stessa sensazione di scivolare indietro anche se niente, apparentemente, cambia dimensione. La chiesa è sempre piccola uguale. Mentre il mio amico, animato non so da quale forza, mi urla che le dobbiamo liberare …
"liberare? Sei matto!" gli rispondo mentre cerco di svicolare ma non ci riesco.
Appare chiaro che più aumenta il mio desiderio di fuga, più rimango saldamente ancorata alle pietre lisce e levigate di quel pavimento. Il mio amico è calato nella parte del salvatore delle povere anime catturate, cerca in tutti i modi di avvicinarsi all’altare, e a quella pazza che continua ad armeggiare con penne piume e pastorale. Con enorme fatica riusciamo a raggiungere i primi banchi e finalmente la strega ci nota. A furia di darci ci ha visti, e non è molto contenta, lo si nota dallo stock di coltelli che sta estraendo dal fodero. Altro taglio al povero merlo, altro scossone e mi ritrovo in fondo alla chiesa e ancora il mio amico mi chiama, urla che dobbiamo raggiungere l’altare. Si ricomincia a strisciare sul pavimento di pietra liscio e freddo … le dita che fanno forza nelle scanalatura quasi fosse un’arrampicata libera … il sudore gelido che cola lungo la schiena ... ... ...
a questo punto sono sicura di essermi voltata verso il mio caro amico e di avergli detto "ma che cagata di sogno stiamo facendo".

sabato 6 ottobre 2012

Le donne non sanno baciare - Monica

Le regole
Mi ritrovo, in questo momento, senza timore ad affidare a te i miei pensieri più reconditi, imbastiti di una fiducia che da tanto tempo non dono più a nessuno, perennemente preoccupata a guardarmi le spalle per non essere ferita e umiliata.
Kafka scriveva "Amore è il fatto che sei per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso".
voglio che tu sia per me il coltello. Ti prometto che non mi nasconderò, perché voglio che tu mi conosca nella mia nudità dell'anima, nei miei piccoli calcoli e nelle mie ansie meschine, nella mia stupidità, nelle mie vergogne e nella mia infamia. Ti stupisci? In me c'è anche infamia. Anche lei riflette luce da questa pagina bianca, tanto quanto il mio orgoglio.
Come mi hai chiesto, fin dal nostro primo incontro, il mio segreto sarà il tuo segreto e, nella reciprocità lo conserverò come il bene più prezioso. Ti prometto che non ci saranno mai intromissioni esterne. Avrò cura di raccontarti i miei dubbi, le mie perplessità e tutte le problematiche che nasceranno, saranno tante, ma tu, già lo so, avrai la serenità di ascoltare.

Lasceremo il passato alla sua lontananza e non parleremo mai di futuro, la nostra sarà una non-progettualità, per non assoggettare il presente ad inutili castrazioni. Nel fluire dei nostri incontri aboliremo gli avverbi di tempo e coglieremo gli attimi, che la nostra storia ci concederà, creandoci un personalissimo carpe-diem.
Mitigheremo i sentimenti del cuore, soprattutto quelli della gelosia e della vendetta, lasceremo libere tutte le sensazioni e di quelle migliori ne prenderemo buona nota per non dimenticarle. Nella magia dei nostri momenti aggiungeremo in proporzioni corrette ragione e sentimento, creando il migliore equilibrio per non eccedere mai nell'una e nell'altro.
Colmeremo le mancanze e i vuoti leggendo insieme le pagine di un libro o ascoltando le parole di una canzone. Organizzeremo in un mix, discorsi banali e forbiti per non scadere nella monotonia. Vivremo di piccole cose che nella vita di tutto i giorni passano inosservate e che invece ci stupiranno per la semplicità.
Ci saranno telefonate e  messaggi solo per la voglia di sentirsi e non saranno mai abitudini che arricchiscono solo di mediocrità e diventano soffocanti, sfociando unicamente in un controllo metodico. Non daremo giustificazioni ossessive ai nostri silenzi, perché è solo nel silenzio che una persona raccoglie le forze per andare avanti. Di fronte alla mia impazienza mi rammenterai che la pazienza è la virtù dei forti.
Manterremo sempre la giusta distanza dalle nostre vite e dai nostri lavori. Rispetteremo le idee, sopporteremo i difetti, addolciremo i cambi d'umore. Non ci saranno prevaricazioni e lasceremo ai dittatori le imposizioni. Ci scambieremo opinioni anche le più brutte e per il dibattito troveremo una zona franca che vada bene ad entrambe.
In quello che ci daremo non entreranno gelosie e invidie. Il tempo che ci dedicheremo per stare insieme sarà solo nostro. Faremo l'amore o faremo sesso e sarà sempre un piacere lento, mi perderò nei tuoi capelli senza vergogne, senza il timore di mostrarmi vulnerabile e avrò l'illusione che tu sia mia ogni volta che ti procurerò piacere.
Se e quando arriverà un termine e io avrò paura tu ci sarai a farmi coraggio e non giudicherai il mio essere pavida davanti alle porte dell'inferno. 

venerdì 5 ottobre 2012

Le donne non sanno baciare - Manuela

The imperfect enjoyment

L’altra sera ti ho trovato collegata.
L’orologio proponeva una catena di tre: ventitreetrentatre.
Te ne stavi con il tuo ip sulla mia pagina in perfetto silenzio.
Mi sarebbe piaciuto estrapolare dalla stringa delle statistiche un numero che indicasse il tuo battito e il tuo respiro
… ma è un’interrogazione troppo complicata

Lavoravi,
a volte lo fai fino a tardi.
… immagino tu stia bene, i tuoi figli anche, e la vita scivola via con un pieno di nostalgia.
l’importante, alla fine, è superare ogni crisi, anche quando diventano sempre più frequenti, anche se a volte sono soffocanti come questo caldo.

Fa caldo anche da te?
A casa mia batte il sole tutto il giorno e alla sera i muri si liberano del calore accumulato.
Ne puoi sentire l’alito caldo passandoci vicino.
È una sensazione avvolgente e odiosa allo stesso istante che attrae e respinge.
Come la vita.

Tu non lo sai
ma poco tempo fa ti ho sognata. Non è stato un bel sogno. Ho evitato di raccontarlo.
A dire il vero mi sono un po’ preoccupata.
Credo che si sia materializzato, così terrificante, per il guasto al disco esterno che si è ingoiato tutti i dati, comprese alcune cose tue che avevo conservato.

Conservare
Come il ritaglio di un articolo interessante che si perde, immancabilmente, tra le pagine di un libro. Per poi ritrovarlo dopo anni ingiallito, un po’ strappato ai bordi, e nella lettura ritrovarsi o ritrovare sensazioni o averne altre diverse … o bruciarlo per odio, rancore, rigenerazione.

Rigenerazione
Si spera sempre in una rinascita, in un azzeramento, in una nuova possibilità.
Una fatica immane per riciclarsi.
Indossare una nuova maschera, un “tantinello” più aderente della precedente.
Gettarsi in nuove assurde situazioni credendo di avere un’esistenza appena coniata.

ti manchiamo un po’?
il noi è fondamentale.
Il noi racchiude
chi ti farebbe a pezzetti e chi ti starebbe ad ascoltare per ore.
I nemici e gli amici.

Amici.
c’è una novità.
Da qualche tempo mi marca stretta una persona.
Mi sta talmente addosso da fondere il mio respiro al suo in un unico ritmo.
Porta il mio stesso nome e di cognome fa animamia.
Sì, proprio come quel tormentone dei cugini di campagna
sì, proprio come quella mielosa poesia di Nazim Hikmet

La conosci?
Anima mia/ chiudi gli occhi/ piano piano/ e come s’affonda nell’acqua/ immergiti nel sonno/ nuda e vestita di bianco/ il più bello dei sogni/ ti accoglierà.

non è vestita di bianco, chi cerca di soffocarmi, indossa
piuttosto
un abito nero.
mi esaspera con domande cretine,
ad ogni piè sospinto
sta sempre a fissarmi
Una persona noiosa,
da dimenticare,
da sopprimere,
una verità


Verità
la verità è duttile
come l’acciao dolce
raggiunto il suo punto di fusione si trasforma in qualcosa di più accettabile
una bugia

Vorrei essere la tua bugia
Vorrei non dover avere per tuo ricordo
un godimento imperfetto

giovedì 4 ottobre 2012

Le donne non sanno baciare

- Ti ha concesso un bacio? Tutta la giornata passata insieme e ti ha dato un bacio? ma tu che cosa le hai detto?
- (alzata di spalle)
- a te va bene?
- Meglio di niente… tu come stai?
- … non lo so … a volte bene … a volte male … che sarà poi un bacio?
- … un apostrofo rosa tra le parole t’amo…
- Scontato
- … un segreto detto sulla bocca …
- Banale … hai di meglio?
- … una confessione che si vuole sigillare …
- Non rendi come Cyrano … Sa baciare?
- A me piace come bacia
- sarà, ma è poco un bacio in tutta la giornata…
- e tu come baci?
- non so baciare
- (ride) hai fame?
- ….ho voglia di cous cous…
- cous cous?
- non l’ho mai mangiato ma ne ho voglia. A me non piacciono i piatti etnici. Ma da quando se ne è andata ho voglia di mangiare quella roba  …

Me lo devi perdonare è tardi e sono un po’ stanca, amareggiata quel pizzico e un po’ nostalgica, il tutto miscelato da una brutta sensazione, te lo posso assicurare, che lascia un retrogusto amaro al palato.
Mi aveva detto "soffrirai" ... quella persona aveva ragione. In maniera scontata credo che il rapporto tra due donne sia speciale, ti travolge la testa, ti spacca il cuore e ti toglie il respiro… e non concede scampo.
Ricordo quel periodo, non troppo lontano, della mia vita: lei  il primo pensiero, un chiodo che penetra nel cervello tutto il giorno, fino a quando la sera diventa l’ultimo prima di chiudere gli occhi e dormire., ma non è che se ne va pur di rimanere si accontenta di popolare gli interstizi della mente e di interpretare parti persino oscene di incubi senza senso per rimanere lì, lì con me.
Ricordo gli attimi di lucidità giornaliera, il ragionamento effettuato sempre in funzione del tempo che ci divide dall’ultimo incontro e dal prossimo, la vita, gli impegni, vengono scanditi dagli appuntamenti, dall’assaporare il momento di quando la vedrò
toccherò
amerò
Ricordo la necessità di averla, diventare una dipendenza assoluta, di starle addosso sempre per sempre e di costruirci intorno il castello che tanto piace.
Vederla curiosa delle scatolette che porto, leggerle il contrasto sul suo volto per il desiderio di aprirle e l’ansia di aspettare. Inventare un rituale solo nostro un alfabeto in codice storie raccontate che si susseguono con i personaggi più strani. Diventare uno scantanburlo che inventa per la voglia pazza ed infinita di sentirla ridere.
Gira il mondo perché lei gira con me e lo penso mentre l’aspetto con un fiore dietro la schiena ed avrà i soliti petali da staccare e l’ultimo sarà solo per lei perché li ho contati prima e so chi deve iniziare.
Gira il mondo perché lei gira con me in un passo di danza appena accennato per quel bacio rubato sul lago che tanto amo e che ama pure lei.
Focalizzo solo attimi e sensazioni, scremo il resto perché non riesco a immagazzinarlo. E’ quello che voglio e diventa unico e indimenticabile in fondo l’amore è questo amare la persona che incarna quel sospirato desiderio d’amore.

Il mondo rallenta all'improvviso, fino a fermarsi di colpo.
Nessun rumore solo silenzio. Un silenzio soffocante, intollerabile, odioso.
Colleziono corpi come un serial killer fino alla nausea per lenire il dolore.
Riesamino all'infinito le motivazioni dell'abbandono.
Mi colpevolizzo e mi assolvo.
Riesco ad essere giudice carnefice e prete per me stessa.

Ora assisto alla fine di storie. Raccontate in un batter di ciglia e nello scorrere di lacrime asciutte. Le amiche mi consegnano un cuore rotto ed io consolo il dolore … racconto loro che passerà e sarà solo un lontano ricordo … racconto che ameranno ancora con un’intensità maggiore … che nulla è perduto e che tutto è modificato …
mi chiedono come io faccia ad avere sempre la parola giusta
nessuno lo sa
vorrei che qualcuno consolasse il mio di dolore.
E sono qui a distanza di tempo con la voglia di cous cous senza averlo mai mangiato
solo perché lei ora lo mangia con il nuovo  amore
recriminazioni, le mie sono solo recriminazioni
Tutto brucia come un tatuaggio rovente sulla pelle
Non era una storia ma uno spot pubblicitario.
Non era una relazione ma la sceneggiatura del mio racconto.
Non era amore ma la proiezione del mio smisurato ego su un muro bianco

Gira il mondo, il mondo gira lo stesso, ed io ogni mattina mi alzo, lavoro e aspetto la sera per tornarmene a dormire
Gira il mondo, il mondo gira lo stesso, ed i miei sogni sono sempre più complicati e difficili da ricordare.
litigo con il muratore, con l’idraulico e penso che un miracolo di dio sia meno invasivo del mio piastrellista.
Incamero rabbia che diventerà corazza verso tutto il creato che mi circonda rendendomi insofferente indolente indifferente insensibile più di quanto non lo sia già.
cammino per strada facendo ben attenzione a non perdermi come sarebbe mio estremo desiderio.
Perdermi in una realtà parallela, perdermi in una bolla d’aria, perdermi in qualcosa che non esiste per non tornare mai più. Mai più.

Apro la scatola del cous cous precotto seguo le istruzioni nel dettaglio, eccolo preparato assaggiato e appoggiato sul davanzale sono sicura che qualche uccello si fermerà a mangiarlo … anche un topo potrà andar bene io tanto sarò lontana, molto lontana.

mercoledì 3 ottobre 2012

Dire - Infedele

Nelle mie letture web spesso mi fermo a visitare un blog, un appuntamento quasi quotidiano, "quasi" perché lei nei fine settimana non scrive. Il suo è un diario puntiglioso di quello che fa, di quello che non fa ... proprio la tipologia che piace tanto ai "visitatori", perché i gentili utenti stazionano soprattutto su blog che mettono on line il "quotidiano", è un po' come spiare il vicino dalla finestra senza esser visti, bello soddisfare la morbosa curiosità con la vita degli altri. Scrive bene la signora, che è single e (quasi) mia conterranea, inserisce nei suoi post la giusta ironia, la corretta tempistica nel non svelare i propri reconditi segreti. Atteggiamento comprensibile, dato che si presenta con la sua faccia, anche se sicuramente come tipo è una che non teme niente e nessuno, non te le manda a dire, te le dice. Una di quelle decise, quelle che sanno calibrare anche le debolezze perché nella buona riuscita di un blog ci vuole un po' di  tutto: il saper raccontare aneddoti, il dare pareri su ogni argomento, fare battute divertenti e, non dimentichiamo, il sesso. E' scontato, il post sul sesso aumenta l'audience in maniera esponenziale. Quindi la signora un bel dì ha pubblicato il resoconto di una sua avventura. Con grazia ha lasciato intuire che fosse una conoscenza di natura virtuale che si concretizzava nel reale. Parole leggere e tutto il resto lasciato libero di materializzarsi nell'immaginazione di noi lettori.
Ecco, quello che mi ha fatto sorridere non è il racconto dell'avventura (che, buon per lei, è stata, a quanto pare, bella e appagante) ma uno dei commenti, inserito a chiosa, di un gentile utente uomo che, con un pizzico di nostalgia, ha fatto notare che si fan cene romantiche sempre uguali, e per smaltirle l'attività seguente è sempre la stessa di diverso c'è solo il protagonista. Al commento non sono seguite repliche. Questi sono un po' gli inconvenienti di un blog messo a disposizione di amici, parenti, ex amici, ex fidanzati, ex fidanzate (incarognite)

Il mio precedente blog era impostato in un modo diverso, era un susseguirsi di minuziose descrizioni dei miei incontri, non particolari scabrosi, ma le situazioni che si andavano a creare, le sensazioni che provavo, molto spesso il mio disagio. Sezionavo le mie donne e me stessa alla ricerca di quel qualcosa che mi sfuggiva e che non funzionava. Una di queste mie "frequentate", quella con cui ho trascorso più tempo, nell'usare il mio portatile ha scoperto l'esistenza dello Sheltering. Nulla di male se nell'intreccio degli incontri non trapelasse l'assoluta irrilevanza che ha per me la fedeltà e la naturale omissione di tale irrilevanza che adotto nel condurre ogni mia "storiella". La scoperta della mia propensione all'infedeltà ha, inevitabilmente, portato ad una serie di conseguenze che i "gentili utenti" definirebbero "giusta pena" ma che io ho liquidato come "solenne scocciatura". Non sono fedele, il motivo? Predisposizione o perché ho incontrato donne che non sapevano amare, intrise nell'anima solo del loro egoismo, eppure le prime parole che mi hanno detto sono sempre state " ti amo ". L'unica condivisione non erano sentimenti reali ma la convinzione di amare, se poi si indaga con accuratezza era, in definitiva, il bisogno di spartirsi un po' di piacere.
A quelle due paroline in fila non ho mai dato importanza, ascoltavo senza cogliere, e nei loro occhi scorgevo delusione di quel "anch'io" inespresso. Con franchezza posso dire che non ho amato nessuna di loro, forse per incapacità o per rispetto al sentimento che non mi andava di mischiare con la necessità, perché si trattava solo di un bisogno di entrambe da realizzare in quel momento. Non vi è mai stata progettualità per un futuro, le situazioni contingenti non lo permettevano e sarebbe stato troppo gravoso per tutte e due cambiarle. L'amore implica un cambiamento, desiderato e condiviso. In me questa necessità non si è mai manifestata, non ho mai avuto voglia di cambiare la mia vita per una donna e la depositaria del cambiamento egoisticamente non avrebbe modificato nulla di se. Ho preferito frequentazioni, e nel frequentare e conoscere l'interesse si consuma rapido, terminando in fretta ed io mi ritrovo già altrove.


... e poi tradire


Tradire. La parola nasce nell’andare più che nell’inganno. Deriva dal latino "tradere" e porta con sè il significato di "consegnare". Tradire, in sostanza, significa tradire una consegna, cioè un ordine, un sistema precedente, in nome di una nuova consegna, di un nuovo ordine, di un nuovo sistema. Esso sancisce dunque il dramma del passaggio dal vecchio al nuovo.Quindi, per assurdo, esco dall’insopportabile staticità, ma per finire dove? E questo percepire l’immobilità non sarà una spinta ad un ripetuto continuo tradire? E per contro, la volontà di andare non lascia il tradito, invece, nel deserto dell’esclusione, che è mortale, negativa, opposta alla necessità universale del cambiamento? Come se io mi salvassi mentre c’è chi si perde. Anzi, proprio perché c’è qualcuno che si perde.
I francesi usano tradire anche per svelare, rivelare, scoprire. Lo diciamo anche noi italiani: tradire l’emozione, tradire il proprio sentimento. Oggi ha sempre triste contenuto e pone il suo significato principalmente nel "usar frode contro colui che si fida".
Quando si consuma il primo tradimento? Alla nascita, senza dubbio. Ma grazie a quel tradimento ho imparato chi sono… ciò che è vive di ciò che non è. C’è il sentimento della ‘necessità’ che guida il continuo tradire: Galilei tradì il dettato teologico per la scienza; Ulisse la sua Itaca per l’andare oltre; il più eclatante, Giuda tradì Gesù consentendo la salvezza degli uomini; così il tradimento permette un nuovo ordine, un nuovo sistema. Dalla consumazione del primo tradimento, quello della nascita, ogni altro tradimento appare una necessità che ubbidisce a leggi che misteriosamente ci governano.

Chi tradisce assume su di sé una carica negativa, e la distruzione del vecchio ordine esistente non prevede una rinascita se non a senso unico; chi tradisce ha una sua strategia relazionale in cui la vittima è sempre la persona cui è, o è stato, legato dall’amore o dall’amicizia, o dalla consuetudine. Dunque in questo dramma il dolore non è mai simmetrico nè contemporaneo nelle due parti in causa. Vi sono aspetti interessanti: io tradisco per andarmene, io tradisco per essere perdonata; io tradisco perché la relazione che ho con la persona tradita assuma un grado di superiore consapevolezza.
Questo vuol dire che mentre l’abbracciavo e la baciavo sentivo di amarla come nessun’altra… ma fino a quando? Finchè non avrei pensato le stesse cose di un’altra? Ma allora dovrà essere sempre così? Ogni volto di donna (o uomo) non è che una parte di un grande volto che nel corso della vita vado componendo? Le variabili in realtà sono moltissime.
Se poi si analizza la situazione dalla parte del tradito, ci si rende conto che il traditore ci costringe a fare i conti con noi stessi, a buttar giù i nostri pregiudizi, ci lascia nudi e morti, e possiamo rinascere di nuovo ricercando, reinterrogandoci su cosa è l’amore, sul punto a cui siamo giunti. Ci restituisce alla nostra povertà, ci spoglia di tutto anche del nostro amore di noi stessi. Ci costringe a riesaminare tutta la nostra esistenza.

martedì 2 ottobre 2012

Le donne non sanno baciare - Marianna

Ghiaccio i tuoi unici fiumi corrono gelidi le luci in questa città splendono, argento e oro
affiorano dalla notte i tuoi occhi scuri come il carbone
Lei aveva capelli neri e occhi scuri come il carbone, accento siciliano. Si era da poco trasferita, abitava nelle case dei militari. Veniva giù al fiume a far passare le giornate calde e chiacchierava con noi ragazze. Alzava la gonna leggera per mettere i piedi nell’acqua, una mano tra i capelli …
vai avanti sul tuo cammino esser tristi ti soffoca l’amore …
raccontava di tutti i trasferimenti del marito, della vita randagia, della solitudine, e nel raccontare le labbra carnose, il gesticolare erano un continuo invito provocante …
vai avanti sul tuo cammino vai e poi corri e non guardare indietro …
un giorno mi disse “vieni da me”. La sua era una casa vuota, poche cose da trasportare facilmente. Lei mi diede un bacio, la sua lingua era morbida e non sapeva di niente. Incominciò a toccarsi ed i miei piedi erano come affogati nel cemento…
resta in questo attimo resta ferma stasera in una bugia dopo questo amore di attimi per sempre
mi prese le mani mi resi conto di quello che potevo farle e ne rimasi incantata
il ritorno-la corsa-le scale. Le mie lacrime sul marmo, il mio dolore
e se risparmi il tuo amore non risparmiarlo tutto
agosto-il mare-le vacanze. Lontano a contare i giorni. E poi tornare e non trovarla più. Altra caserma per lei, un’altra casa vuota, un altro racconto, un altro gioco senza addio …
e se i monti franassero o scomparissero nel mare. Niente lacrime. No, non io, non più.

lunedì 1 ottobre 2012

Fare sogni che muoiono all'alba - n.1

Stanotte ti ho sognata
ed eri vicino a Susan Sarandon,
c'era come una riunione a casa mia.
Un sacco di persone a cui non saprei più dar nome,
ma che conoscevo benissimo,
tutti in pigiama perché era ora di andare a dormire.
Susan Sarandon è entrata in casa dal balcone
ha spiegato che era stanca di camminare per strada,
e che preferiva camminare sui tetti saltando da uno all'altro.
Nessuno di noi si è stupido,
anzi qualcuno ha menzionato attori famosi che facevano la stessa cosa.

La mia casa aveva un aspetto molto antico, con soffitti altissimi, pavimenti in legno scricchiolanti e un insieme di mobili mai visti (pochi dettagli mi sono rimasti impressi).

Tu indossavi un pigiama da uomo bianco con riga blu sottile, credo di cotone, i piedi scalzi.
Chiacchieravi con tutte quelle persone, spiegando cosa non so.
Riempivi la stanza come solo tu sai fare.

Poi ti sei seduta su un tavolo in noce, molto scuro, e mi hai preso tra le gambe e ci stavo proprio bene, un senso di protezione assoluta da tutto e da tutti, la voglia di rimanere lì in eterno con il calore del tuo corpo, ma il risveglio è arrivato quasi immediato.

lunedì 24 settembre 2012

Le donne non sanno baciare - Elisa

Amatemi

“Mi chiedo se forse la tua intenzione non sia quella di "fare il pieno" di me sino a raggiungere le saturazione - e infine la famosa noia - che ti farà dire finalmente basta con le donne”.

Devo dire che prima di incontrarti il mio livello di saturazione aveva raggiunto il punto massimo. Ero disgustata dai miei contatti virtuali. Mi ero convinta che in queste stanze non-reali si annidassero solo pazze furiose, dal livello cerebrale inesistente, mi spiace, ma è proprio quello che penso ancora adesso mentre scrivo.
Poi mi sei capitata tu ... Come spesso accade quando meno te lo aspetti ti arriva addosso la sorpresa inaspettata, e ho pensato subito che era necessario approfondire anche solo per scambiare delle opinioni, per fare quattro chiacchiere, volevo vedere i tuoi lavori, le tue sculture, ero curiosa di scoprirti.
Sono ancora adesso curiosa di scoprirti e vorrei che questo continuasse fin dove possibile, fino a quando me ne darai la possibilità. Come ripeto sempre a tutti, nel bene e nel male, non si finisce mai di conoscere una persona. La noia subentra quando i rapporti vanno alla deriva, quando non sono più stimolati, quando ci si adagia sulle abitudini, quando non si ha più la sensibilità di ascoltare.
Nel film che ti ho dato "Amatemi", la protagonista scopre solo dopo essere stata lasciata di aver dato per scontato troppo nel suo rapporto, si accorge “dopo” cosa vuol dire porre attenzione verso l´altro. Si rende conto di non aver ascoltato. La sua relazione sicuramente si sarebbe esaurita lo stesso ma in modo diverso, con un dolore e una consapevolezza diversa. Nel ritrovarsi da sola, acquista una nuova coscienza di sé, che forse ai molti può dare la sensazione di buttarsi via, è invece un nuovo percorso. Il cambio successivo di sensibilità ha un risalto immediato, ad esempio, nel suo lavoro, quando parla direttamente ai clienti, quando interagisce con loro. In ogni suo rapporto, occasionale o meno, concede la propria attenzione al partner, in quel momento è sua completamente, fino ad arrivare ad un nuovo innamoramento cercato e vissuto giorno per giorno.
Non sono una maga nel mantenere vivi i rapporti ma ti do la mia parola che avrai tutta la mia attenzione per tutto il tempo che ci frequenteremo.

Queste le parole finali della protagonista nel film:

Io non credo che alla fine della mia vita voglio contare il numero delle persone che ho incontrato, quante volte ne è valsa la pena, se era meglio lasciar perdere oppure se non era più giusto continuare.
Io voglio sapere se ho amato abbastanza e se sono stata amata abbastanza.
Nient’altro.
Né tradimenti, né verità, né menzogne.
Solo contare il numero di giorni in cui il mio amore per qualcuno coincide con l’amore che qualcuno ha per me.
Tutte le sere in cui potrò andare a dormire con questa certezza, potrò mettere quella giornata tra le cose buone e potrò misurare il giorno successivo dal senso che prenderà la mia vita, come si rifletterà su tutto il resto della mia esistenza e su tutte le cose che faccio.


Appunti per il futuro:
non dimenticare mai le 'cantonate' prese!

domenica 23 settembre 2012

Testamento - Anniversario 5 agosto 2012



Mi ricordo, come se fosse oggi, io, Sabry e Bellibè in un mattino di settembre dei miei quattordici anni. Con in mano il biglietto per il concerto di Vasco attendevo sul muretto l'arrivo dei ragazzi della compagnia (quelli con la patente), che ci avrebbero dovuto portare a destinazione. Le mie amiche Sabry e Bellibè allegramente mi avevano detto:"dai andiamo con questi due di Milano (due mai visti), ci portano adesso così siamo davanti... poi a tornare troviamo là gli altri ...".

Io ad un concerto non c'ero mai stata, l'euforia era tanta che si è subito associata ad un senso di panico quando siamo state scaricate tutte e tre davanti all'ingresso dell'enorme prato già pieno di almeno cinquemila persone. Trascinata per una manica da Sa', che abilmente scavalcava gli accampati dalla sera precedente (lì per la pole-position) mi è sorta spontanea la domanda "ma come cazzo facciamo a trovare gli altri in questa bolgia incasinata?". La risposta è stata: "non ti preoccupare, dai che siamo troppo lontane e non vediamo niente".

Il concerto è stato bello, ho visto bene Vasco che rantolava dal palco, aveva i capelli lunghi e la fascia tergisudore (si usava in quegli anni) e il chitarrista Massimo Riva godeva ancora buona salute.

Fine del concerto, la notte era calata, come nel "the day after" : un casino, e noi le esodate.

Ho trascinato, anche spinto, Sabry e Bellibè, che non si schiodavano dal palco deserto, verso l'uscita, alla ricerca di quelli che ci avrebbero dovuto portare a casa, ma vista l'impresa epica mi son seduta a lato strada dopo aver rifiutato un passaggio da uno con il pisello fuori e di fare l'autostop come suggerito da Bellibè.

Mi ricordo l'umidità della notte e le prostitute nostrane che si erano messe all'opera vicino a noi, avevo finito le sigarette e gentili me ne avevano offerta una. Parlando ad una bionda con labbra rosso fuoco avevo chiesto quanto guadagnava, mi aveva risposto, con una risata, "vuoi farmi concorrenza?". Sabry e Bellibè, invece, parlavano del 'male oscuro della società', pescando in tutte le loro conoscenze di secondo ginnasio, finendo con un assolo su Carlo Marx.

Erano da poco passate le due di notte e mi facevo consegnare dalle mie compagne di avventura tutta la moneta che possedevano e percorrevo la statale alla ricerca di un telefono pubblico, che trovavo senza fatica dato che era ben segnalato da una coda di una trentina di appiedati sfigati come me.



Mio padre sarebbe arrivato poco dopo le quattro con una punizione esemplare per i successivi sei mesi ...


Il cinque agosto di dieci anni fa Sa' moriva di tumore, aveva trentacinque anni, Sa' era una persona splendida, molto sensibile, un'insegnante meravigliosa. Erano stati avvisati tutti: ex compagni di scuola, amici, compagni di lavoro e anche Bellibè era stata rintracciata e avvisata, dalla Romagna (credo) aveva risposto che non si ricordava di questa persona (della sua compagna di banco per cinque anni).

La vita a volte sa essere molto dura e solo dimenticare dà la possibilità di ricominciare.



Negli anni non sono mai mancata alla messa che viene celebrata in memoria, anche quest'anno ci sono andata e ho ripensato al nostro primo concerto, a quegli anni di inizio vita che per lei erano già quasi la metà di quello che le rimaneva, ma non ne eravamo coscienti, anzi eravamo delle incoscienti... se fosse entrata nei miei pensieri mi avrebbe detto "pensa al lato migliore della nostra avventura: è stato bello ed eravamo davanti al palco ..." con il suo immancabile ottimismo.

Già, è stato bello.

sabato 22 settembre 2012

Lettera - No-Volver

<< Stamani tu dormivi ancora quando mi sono svegliato. A poco a poco uscendo dal sonno ho sentito il tuo respiro leggero e attraverso i capelli che ti nascondevano il viso ho visto i tuoi occhi chiusi e ho sentito che la commozione mi saliva alla gola e avevo voglia di gridare e svegliarti perché la tua stanchezza era troppo profonda e mortale. Nella penombra la pelle delle tue braccia e della tua gola era viva e io la sentivo tiepida e asciutta; volevo passarvi sopra le labbra ma il pensiero di poter turbare il tuo sonno e di averti ancora sveglia fra le mie braccia mi tratteneva. Preferivo averti così come una cosa che nessuno poteva togliermi, nemmeno tu. Ero il solo a possedere una tua immagine per sempre. Oltre il tuo volto vedevo qualcosa di più puro e profondo in cui specchiarmi, vedevo te in una dimensione che comprendeva tutto il mio tempo da vivere, tutti i miei anni futuri e anche quelli che ho vissuto prima di conoscerti ma già preparato ad incontrarti. Questo era il piccolo miracolo di un risveglio: sentire per la prima volta che mi appartenevi non solo in quel momento e che la notte si prolungava per sempre accanto a te nel caldo del tuo sangue, dei tuoi pensieri, della tua volontà che si confondeva con la mia. E in un attimo ho capito quanto ti amavo ed è stata una sensazione così intensa che ne ho avuto gli occhi pieni di lacrime. Era perchè pensavo che questo non dovrebbe mai finire, che tutta la nostra vita dovrebbe essere come il risveglio di stamane, sentirti non mia ma addirittura una parte di me, una cosa che respira con me, e che niente potrà distruggere se non la torpida indifferenza che sento come l'unica minaccia. e poi ti sei svegliata e sorridendo ancora nel sonno mi hai baciato e ho sentito che non dovevo temere che noi saremo sempre in quel momenti uniti da qualcosa che è più forte del tempo e dell'abitudine.>>

venerdì 21 settembre 2012

Testamento - I miei primi nove anni

Da piccola la mia madrina nei momenti di grande sconforto era solita suggerirmi di pregare. Mi raccontava di questo dio tanto buono e tanto giusto che se pregato aiutava sempre. Una panacea. Ma ancora di più mi raccontava di quell'angelo che ci trasciniamo al fianco ovunque andiamo: "occhi azzurri, biondo tutto ricciolino ..." con ali firmate ‘pirelli', uno strafigo per intenderci. Ero così convinta dell'efficacia delle preghiere, che ogni sera fino ad addormentarmi ripetevo tutte quelle che sapevo. Nella speranza che durante la notte il mio corpo, il mio scafandro esterno, si sciogliesse e lasciasse libero quello che c'era dentro. L'esfogliazione avrebbe finalmente permesso al mio vero corpo di uscire libero. Perché il riflesso che rimandava di me lo specchio non era quello giusto ne ero certa. Non mi ci riconoscevo. I miei veri capelli erano neri e corti, soprattutto avevo la barba, di sicuro c'era e mentre aspettavo che uscisse sulle guance insieme a mio padre tutte le mattine, in piedi sulla vasca da bagno davanti allo specchio, passavo il pennello con la schiuma da barba, eppoi il rasoio proprio con le stesse strade che faceva lui. Dovevo solo trovare la giusta intensità di preghiera e tutto si sarebbe sistemato. Il mio radicalismo religioso continuò fino a quando, nell'albeggiare di una mattina, non si materializzò, armato di ali da sparviero, il sospirato angelo custode, prendendomi in contropiede e spaventandomi alquanto tant'è che mi rifugiai sotto le coperte urlando "vattene vattene non ti pregherò mai più ...". Resami conto della troppa efficacia dei metodi cattolici decisi che ero certamente figlia di extraterrestri. I quali per un inconveniente tecnico mi avevano mollato su questo pianeta e per rendermi la permanenza tollerabile mi aveva incellophanato. Mi concentrai su ogni millimetro della mia pelle perché, ne ero sicura, c'era da qualche parte una cerniera, un bottone, un lembo di questa plastica da tirare. Ne ero certa perché stavo leggendo un libro (Tiziano Sclavi - Guerre terrestri) e al personaggio gli si scollava la faccia, quindi se si scollava a lui poteva scollarsi pure a me. Alla fine dovetti desistere e ammettere la dura realtà: ero tutta un pezzo unico. Nacquero in me altre preoccupazioni riguardo al mio corpo, con l'andare del tempo subiva trasformazioni di cui avrei fatto volentieri a meno. Riportavo minuziosamente le mie considerazioni, frustrazioni e speranze su fogli di quaderno, biglietti, pezzi di carta di forma e foggia diversa, senza alcun ordine, tutto alla rinfusa tutto riposto dentro una cassetta di legno di acero. Quando la mia rabbia raggiungeva il massimo svuotavo la cassetta dentro un bidone e armata di fiammiferi e alcool ci davo fuoco chiedendo una seconda possibilità. Perché è crudele non avere una seconda opportunità. La possibilità di azzerare e ricominciare senza memoria del passato senza portarsi appresso quel corpo tanto tanto pesante quanto leggero leggero. Guardando le fiamme mi chiedevo il motivo della mia grande viltà, non avevo il coraggio di bruciare insieme ai miei pensieri, pur soffrendo non avevo il coraggio ... il tempo è passato e la seconda possibilità forse mi ha sfiorato, se ciò è accaduto non ho saputo riconoscerla e questa è l'unica realtà.

Le donne non sanno baciare - The Reader

The Reader - A voce alta
Ho frequentato una donna che nel presentarsi mi disse di essere una affermata architetto, con avviato studio tecnico e innumerevoli collaboratori al seguito.
Una arrivata, insomma.
Di comune accordo, data la lontananza avevamo deciso di trovarci in un posto a metà strada, però, lei faceva circa quindici chilometri più di me.
La prima volta mi è sembrato normale mettere mano al portafogli, anche se lei insisteva a pagare il conto. La seconda volta ho pagato io, in contanti, perché lei, da perfetta professionista affermata, voleva pagare con la carta di credito. La terza volta ho pagato perché il posto non era equidistante e  i quindici chilometri le pesavano. La volta successiva lo stesso, ma secondo lei avevo pagato troppo quindi ha telefonato al gestore,  e si è fatta promettere che saremmo state rimborsate della metà della cifra. Nel nostro incontro successivo al momento di uscire, con un bel sorriso mi chiede metà somma e mi dice che l'altra l'avrebbe messa lei ... naturalmente la metà restante era quella che avevo pagato io la volta precedente.

Però, però questa donna aveva un dono...
non quello della generosità ma di altro tipo, l'ho scoperto al nostro primo incontro, quando ha sfilato dalla mia borsa un libro che avevo appena iniziato e ne ha letto a voce alta alcune pagine, appoggiata a me, ascoltavo le parole fluire, accarezzare la nostra pelle e la storia delinearsi, i personaggi, le situazioni si materializzavano lì davanti a noi.
Questa donna leggeva da Dio,
intonazione pause e riprese perfette.
Una delizia, ripetuta ad ogni incontri con nuovi testi e nuove poesie  ...

Poi le ho raccontato che una cosa simile capita in un romanzo ma lei non l'aveva letto, leggeva solo nei nostri incontri, non sapeva dell'esistenza di un bellissimo romanzo di Bernhard Schlink "A voce alta" da cui è stato tratto un mirabile film, The Reader, con Kate Winslet, ambientato in Germania racconta la storia di un ragazzo che vive una storia d'amore con una donna molto più grande di lui. Questa donna ama che lui le legga dei romanzi dopo il sesso. Poi il ragazzo scopre che lei è stata una kapò, ed è responsabile dell'eccidio di duecento donne ebree. In realtà la donna non sa né leggere né scrivere. Ecco il motivo misterioso per cui amava che lui leggesse. Ma non lo dirà mai perché se ne vergogna. Viene condannata a molti anni di detenzione. Qui in prigione il ragazzo poi diventato adulto non l'andrà mai a trovare ma le manderà delle cassette registrare con le sue letture. E da queste la donna imparerà a leggere e scrivere. Il giorno della sua liberazione si impicca.

Si conclude anche la nostra storia, non in maniera drammatica come il film, oggi mi rimane il ricordo delle sue letture più che il ricordo dei suoi lineamenti.

                                                                                            ***
In una chat a "tema", tempo fa, avevo incontrato un "signore", gay, con più di cinquantanni, che si lamentava della solitudine e ovviava alla sua situazione mettendo annunci di ricerca. Cercava un uomo più giovane, preferibilmente trentenne, l'aspetto non contava troppo, l'importante era una base culturale che gli permettesse un dialogo.
Perché, in fondo, in una "frequentazione" si chiede anche una comunicazione, intesa come scambio di chiacchiere...ecco questa è una cosa difficile da trovare, è di inestimabile valore lo scambio verbale (non solo quello di liquidi) che fa scivolare una "scopata" in un "piacevole incontro".

Con quella donna, e con altre donne, mi avrebbe fatto piacere parlare un po' di The Reader o di un altro film, o divagare in altri discorsi, qualsiasi altro di qualsiasi tipo. A volte mi rendo conto di  chiedere troppo.

Tornando a "The Reader", è una storia emblematica ma non coglie tutto di ciò che la Arendt ha chiamato la banalità del male. Di chi ha fatto parte dell'industria della morte. Una parte dei nazisti ha praticato il sadismo, molti altri hanno eseguito degli ordini che sarebbe stato, a parer loro, inconcepibile non eseguire. Capitò persino che per gli eccidi più rivoltanti gli stessi nazisti cercassero dei volontari. Che ovviamente si trovavano a piene mani. Oppure erano gli ucraini e i lituani che si prestavano ai lavori più sporchi. Gli ucraini odiavano tradizionalmente gli ebrei e non si fermavano davanti a nulla. Molti nazisti erano colti. Ascoltavano Bach e leggevano Goethe.
Qual è quindi la natura del male? e la bellezza può salvare dal male? è evidente che no, non può. La bellezza non ha niente a che vedere con la dignità della vita umana. Semmai agevola il mio allontanamento dall'altro.
Hitler piangeva ascoltando Tristano e Isotta. Piangeva. Commosso. Immagino fu straziante per lui quando dovette uccidere la sua cagna nel bunker, la fedele Blondie, prima di darsi egli stesso la morte assieme ad Eva Braun. Al contempo la sua vera pena nel morire anzitempo era non aver sterminato completamente gli ebrei. A volte non so cosa pensare. Il Male ci assedia. Un ebreo, Kafka, che presentì la bestia, scrisse: il tragico nella vita è che ognuno ha le sue motivazioni.
È in quelle motivazioni che si annida il barlume di umanità di cui ogni uomo, anche il più criminale dovrebbe essere dotato? Quando getti in aria un bambino appena nato e gli spari, e getti la madre nel gas, per poi bruciarne i cadaveri che risposte puoi dare? Cercare barlumi di umanità nei carnefici è offendere le vittime. Ne Il silenzio degli innocenti Clarice è diventata cacciatrice del male per non sentire più il grido degli agnelli sgozzati. L'umanità dei carnefici che si è nutrita non solo di hitler ma anche di Pinochet, Mladić, Khmer rossi di Pol Pot, non rende muti gli innocenti.